giovedì, giugno 05, 2008

Dalle Lettere alla Lettura; dalla Lettura alla Letteratura


Inizia da oggi un’(altra) inutile rubrica che presenta alcuni dei migliori libri che ho letto da quando ho iniziato a leggere…

Mi limiterò a parlare brevemente del libro, inserendo un incipit del romanzo di cui parlo (qualche volta potrebbe essere anche un saggio, vi auguro di no).

Questa rubrica avrà uno scarso successo! Me lo prefiguro… ma non mi lamento. In Italia leggiamo veramente in pochi e comunque leggiamo troppo poco. Una volta tanto posso dire, a ragione, che la colpa è del clero e della sua Controriforma!


Il libro di oggi è Marcovaldo di Italo Calvino… citare l’autore basterebbe per non aggiungere altro. Qualsiasi cosa leggiate di lui, anche solo una lettera a qualche amico/a, è sempre densa di significati, profonda, così reale da sembrare che sia l’autore stesso a leggerla… si sente il suono della sua voce.


“Nello spazio di venti novelle, in cui il ciclo delle stagioni si ripete per cinque volte, il manovale Marcovaldo si ostina a cercare la Natura in una grande città industriale. E’ attento a qualsiasi variazione atmosferica e coglie i minimi segni di vita animale e vegetale, ma ogni volta va incontro a uno scacco, a una delusione.

Pubblicato per la prima volta nel 1963, Marcovaldo rappresenta sia una critica alla ‘civiltà industriale’, sia una critica all’idea di un possibile ‘ritorno all’indietro’ nella storia, rivelando così, anche grazie alla semplicità della struttura narrativa, tutta la ricchezza del rapporto di Italo Calvino con il mondo.”



L’incipit del libro:

“Il vento, venendo in città da lontano, le porta doni inconsueti, di cui s’accorgono solo poche anime sensibili, come i raffreddati del fieno, che starnutano per pollini di fiori d’altre terre.

Un giorno, sulla striscia d’aiola d’un corso cittadino, capitò chissà donde una ventata di spore, e ci germinarono dei funghi. Nessuno se ne accorse tranne il manovale Marcovaldo che proprio lì prendeva ogni mattina il tram…”


Buona lettura.

domenica, maggio 25, 2008

Pensieri sul reato di clandestinità...

















"Oh!
finalmente questi c@@@o di clandestini verranno cacciati dall'Italia!
via gli sporchi rom, ruba bambini!
via i bingobongo che sbarcano da Lampedusa..
via i rumeni, violentatori e assassini!

saremo un popolo piu' sicuro!
qui c'è posto solo per lo straniero che vuole lavorare!...(per 12-15 ore al giorno con paghe da schiavo)"

dichiara Umberto, cattolico-operaio del nord, che ha votato il popolo delle libertà per avere una maggiore sicurezza.

"Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo.
Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare,
ho avuto sete e mi avete dato da bere;
ero forestiero e mi avete ospitato,
nudo e mi avete vestito,
malato e mi avete visitato,
carcerato e siete venuti a trovarmi.
Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me. Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli.
Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare;
ho avuto sete e non mi avete dato da bere;
ero forestiero e non mi avete ospitato,
nudo e non mi avete vestito,
malato e in carcere e non mi avete visitato.
Anch'essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me. E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna"
Matteo

simone

martedì, maggio 13, 2008

“Anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti”


Ho ri-iniziato ad ascoltare questo cd di De Andrè da poco (il titolo, in alto, è la strofa di una canzone). Non riuscendo a capire quale fosse il senso di alcuni pezzi mi sono rivolto ad Internet ed, in particolar modo, a wikipedia (da cui traggo l’intero post). Sono rimasto sconcertato quando ho letto di individualismo e collettivismo: concetti che non avevo colto e che invece si riscontrano facilmente: sarebbe bastato ascoltare solo il cambiamento dei pronomi personali.

Per non parlare della “presa di coscienza” e della “ribellione collettiva” e “coscienza collettiva”, argomenti che affronterò in altri post, in futuro (forse).

Ma al di là di questo, pubblico questo post e vi invito all’ascolto di questo cd perché già da un po’, leggo e ascolto di individualisti e individualismi, follie personali ed egoismi. E, per conoscere se stessi e migliorarsi, non c’è niente di meglio che la musica, i suoi testi e la lettura.

Peraltro cade in questo periodo il 40ennale (’68-’08), lo preciso per chi non se ne fosse accorto.


Storia di un impiegato (1973) è il sesto album registrato in studio di Fabrizio De André.


In questo concept album viene messo a nudo il pensiero sociale di De André, la sua critica nei confronti del conformismo borghese e la sua rigida critica contro il terrorismo degli anni '70.


Il disco

Come accade spesso nei dischi di De André le canzoni sono collegate fra di loro da un filo narrativo: in questo caso, infatti, la storia è quella di un impiegato (la cui vita è basata sull'individualismo), che - dopo aver ascoltato un canto del Maggio francese - davanti a tale scelta di ribellione, entra in crisi e decide di ribellarsi anch'esso, mantenendo però il suo individualismo. Le canzoni che seguono rappresentano l'ordine logico di una presa di posizione individuale che, con il rapido (e onirico) succedersi dei fatti, con l'esperienza fallimentare della violenza e solo dopo, in un ambiente crudo e forte come quello carcerario, diventa collettivismo.


Le canzoni

La Canzone del Maggio

La canzone Canzone del Maggio è liberamente tratta da un canto del maggio francese 1968 di Dominique Grange il cui titolo è Chacun de vous est concerné. Quando De André si mise in contatto con lei per pubblicare il pezzo, la cantante francese glielo regalò non chiedendo i diritti d'autore. Va però notata la grande differenza anche nella musica tra il brano di De André e la versione originale.

Della "Canzone del Maggio" esiste una versione molto più cruda nel testo presentata a volte dal vivo dal cantante genovese; di questa versione esiste una registrazione non ufficiale, anche perché fu sottoposta a censura.

La bomba in testa

In questa canzone l'impiegato si confronta con i sessantottini e si unisce idealmente ai giovani, seppur con anni di ritardo. Sceglie però un approccio individualista e violento.

L'impiegato prende coscienza di ciò che quei giovani avevano fatto, e quello per cui avevano lottato, e della sua situazione ricca di conformismi e frasi fatte, di lavoro ed obbedienza senza alzate di testa, e lì capisce quanto ne sia distante ma soprattutto si scuote dal torpore in cui la società media fa piombare. Dopo la necessaria presa di coscienza si rende conto che l'odio e l'impeto in lui risvegliatisi sono sufficienti affinché possa avere una rivalsa, anche da solo, nei confronti di chi, per via della falsa morale imperante, dà lustro ad una sfaccettatura del proprio io celando l'interezza del pensiero e dell'essere per non apparire fuori schema, così come avevano fatto coloro che nel maggio francese anziché supportare la rivoluzione erano rimasti a guardare, se non diffidenti, indifferenti.

Al ballo mascherato

Questa canzone rappresenta il primo sogno, la prima esperienza onirica nella quale con l'esplosivo fa saltare tutte le maschere di ipocrisia ai simboli del potere. Qui il potere è espresso in tutte le sfaccettature della società borghese: culturali, parentali, politiche ed ideologiche, religiose etc. L'intento è quello di togliere la maschera agli ipocriti, delegittimare il potere e colpire le istituzioni.

Sogno numero due

Nel suo secondo sogno l'impiegato è sotto processo e smascherato dal giudice, che gli fa notare come la bomba abbia rinnovato ed alimentato il sistema; seguendo la sua personale brama di potere, l'impiegato ha infatti giudicato e giustiziato i potenti per ritagliarsi un posto. Nelle parole del giudice si delinea la criticità di De André nei confronti dell'operato dei brigatisti rossi e degli altri nuclei di lotta armata, soprattutto in riferimento alla Strategia della tensione.

La canzone del padre

Il giudice ha concesso all'impiegato di prendere il posto di uno dei potenti uccisi, e questi assume il ruolo di suo padre, scoprendo la miseria e la marginalità della sua vita. La miseria ed il degrado della vita familiare, le paure bieche e piccole prendono il sopravvento fino a svegliarlo dal sogno. L'impiegato si è svegliato e vuole concretizzare il sogno di violenza, convinto di non ripetere i propri errori.

Il bombarolo

L'impiegato ormai è un bombarolo che fabbrica il suo ordigno, pronto a concretizzare i suoi sogni e colpire il potere. Ha individuato il suo bersaglio nel Parlamento, ma fallisce miseramente ed il suo gesto individualista lo isola ulteriormente, con la sua donna che se ne prende le distanze, apparendo su tutti i giornali.

Verranno a chiederti del nostro amore

L'impiegato, dal carcere, vede la sua donna intervistata, la vede schernirsi davanti ai giornali e ripensa al loro rapporto. Ora che sono separati dal carcere l'impiegato guarda alla donna e teme per il suo futuro, quasi rassegnato, chiedendole di prenderlo in mano e fare le proprie scelte con autonomia.

Nella mia ora di libertà

L'impiegato, in carcere, compie la maturazione definitiva tra l'individualismo ed il collettivismo. Nel carcere inizia uno sciopero dell'ora d'aria per costringere nel carcere anche i secondini, come protesta pacifica e non violenta. Dopo una analisi della ingiustizia di un carcere che non racchiude che i deboli, ritorna a parlare della protesta. Se ad inizio canzone, come per le canzoni precedenti, l'impiegato aveva sempre parlato al singolare, ora l'impiegato parla insieme agli altri carcerati, al plurale, avendo acquisito una coscienza collettiva.


Vi invito, inoltre, a leggere i link sul “maggio francese” e sulla “strategia della tensione”.


Segue il testo in francese, e poi in italiano, di Chacun de vous est concerné e la traduzione più simile all’originale, quella più cruda.


Même si le mois de mai,
Ne vous a guère touché.
Même s’il n’y a pas eu,
De manif’ dans votre rue.
Même si votre voiture
n’a pas été incendiée,
Même si vous vous en foutez.
Chacun de vous est concerné.

Même si vous avez feints,
De croire qu’il ne se passait rien.
Quand dans le pays entier,
Des usines s’arrêtaient.
Même si vous n’avez rien fait,
Pour aider ceux qui luttaient,
Même si vous vous en foutez.
Chacun de vous est concerné.

Même si vous avez fermé,
Votre porte à notre nez,
Une nuit où nous avions,
Les CRS aux talons,
Si vous nous avez laissés,
Matraqués sur le palier,
Même si vous vous en foutez.
Chacun de vous est concerné.

Même si dans votre ville,
Tout est resté bien tranquille.
Sans pavés, sans barricades,
Sans blessés et sans grenades.
Même si vous avez gobé,
Ce que disait la télé,
Même si vous vous en foutez.
Chacun de vous est concerné.

Même si vous croyez maintenant,
Que tout est bien comme avant,
Parce que vous avez voté,
L’ordre et la sécurité.
Même si vous ne voulez pas,
Que bientôt on remette ça,
Même si vous vous en foutez.
Chacun de vous est concerné.


CANZONE DEL MAGGIO

Anche se il nostro maggio
ha fatto a meno del vostro coraggio
se la paura di guardare
vi ha fatto guardare in terra
se avete deciso in fretta
che non era la vostra guerra
voi non avete fermato il tempo
gli avete fatto perdere tempo.

E se vi siete detti
non sta succedendo niente,
le fabbriche riapriranno,
arresteranno qualche studente
convinti che fosse un gioco
a cui avremmo giocato poco
voi siete stato lo strumento
per farci perdere un sacco di tempo.

Se avete lasciato fare
ai professionisti dei manganelli
per liberarvi di noi canaglie
di noi teppisti di noi ribelli
lasciandoci in buonafede
sanguinare sui marciapiedi
anche se ora ve ne fregate,
voi quella notte voi c'eravate.

E se nei vostri quartieri
tutto è rimasto come ieri,
se sono rimasti a posto
perfino i sassi nei vostri viali
se avete preso per buone
le "verità" dei vostri giornali
non vi è rimasto nessun argomento
per farci ancora perdere tempo.

Lo conosciamo bene
il vostro finto progresso
il vostro comandamento
"Ama il consumo come te stesso"
e se voi lo avete osservato
fino ad assolvere chi ci ha sparato
verremo ancora alle vostre porte
e grideremo ancora più forte

voi non potete fermare il tempo
gli fate solo perdere tempo.

Alessio

lunedì, maggio 05, 2008

Il Quarto elemento...il Memristor!

Da oggi in poi, noi elettronici potremmo giocare con un nuovo mattoncino da utilizzare nei circuiti!
Il Memristor!!!!!!!!!!!!
...già immagino l'euforia di Marietti! ahinoi!
Leggiamo cos'è:

L'esistenza dei Memristor completa nella pratica uno dei fondamenti della fisica dei circuiti elettronici, costituendo l'anello mancante previsto dalla teoria che parla di quattro circuiti fondamentali (gli altri sono i ben noti condensatori, resistori e induttori).

Il progetto teorico è addirittura datato 1971, ma le difficoltà tecniche ne hanno impedito la realizzazione fino ad oggi. Nei laboratori Hewlett-Packard di Palo Alto sono stati infatti messi finalmente a punto i Memristor, ovvero resistori non lineari in grado di mantenere un segnale memorizzato anche in assenza di corrente.

Qualcuno potrebbe obbiettare che le memorie flash svolgono già questo compito da molto tempo. La differenza, sostanziale, è che i Memristor hanno potenzialmente la stessa velocità di esecuzione delle comuni DRAM e possono quindi interagire direttamente con la CPU e non funzionare semplicemente come un sistema di storage per i dati archiviati.


Si tratta quindi di uno strumento destinato a rivoluzionare le prossime generazioni di computer, che potranno avere boot istantanei e non correre alcun rischio di perdita di dati in caso di calo di corrente. Le frontiere più interessanti si aprono anche sul fronte del risparmio energetico: non dovendo più mantenere la memoria costantemente alimentata di energia si possono progettare sistemi che invece di andare in standby si spengono del tutto, con immensi vantaggi per l'ambiente e l'autonomia dei dispositivi portatili.

A realizzare il primo Memristor è stato Stan Williams, responsabile del laboratorio di ricerca Hewlett-Packard di fisica quantistica di Palo Alto, in California, che ha pubblicato la sua scoperta sulla rivista Nature.

Williams ha spiegato che la possibilità teorica di realizzazione di Memristor, pensati da Leon Chua nel 1971, è rimasta inattuata per oltre trent'anni a causa dei problemi di dimensioni, che rendono gli effetti di questo circuito rilevabili sono lavorando su scala nanometrica, operazione consentita esclusivamente dalle moderne tecniche di miniaturizzazione dei circuiti.

Per il momento dei Memristor esiste un modello matematico e un esempio fisico funzionante, ed è difficile ipotizzare quanto tempo ci vorrà prima di vedere un'applicazione pratica, ma se tutto funzionerà come previsto non ci dovrebbe essere troppo da attendere.

Quando l'industria dell' informatica sente odore di soldi ( e qui ce ne sono in ballo tanti, oltre a un possibile premio Nobel) sa andare veloce come non avviene in nessun altro settore. Entro quattro o cinque anni i computer potrebbero quindi compiere uno straordinario passo avanti.

fonte dell'articolo
simone

giovedì, aprile 17, 2008

Dopo un anno di lavoro,
ecco il video targato Bruco per eccellenza!
Ispirato dal famoso "Where The Hell Is Matt?", finalmente sul web:
Ma dove diavolo è Roccasecca???



giovedì, aprile 03, 2008

Io, Dalì e la quarta dimensione, viaggio nella geometria fantastica

Un grande scienziato incontra un genio della pittura. Dieci anni di lavori in comune, alla scoperta di nuove frontiere della creazione. Come quella della scultura di un cavallo che va dalla Terra alla Luna

Di THOMAS BANCHOFF


I MIEI RAPPORTI con Salvator Dalì, durati dieci anni, iniziarono nel gennaio 1975 quando 9 Washington Post dedicò un articolo al nostro lavoro sull'uso della computer grafica interattiva nello studio dei fenomeni nella quarta dimensione. Nella foto che corredava l'articolo mostravo un modello pieghevole dell'ipercubo che avevo ideato, una rappresentazione della figura centrale utilizzata da Dalì vent'anni prima nella sua pittura. Fu la foto di quel dipinto in un riquadro defia pagina ad attirare l'attenzione dell'artista. Nel marzo di quell'anno fui contattato da un rappresentante di Dalì e invitato, assieme al mio collaboratore Charles Strass, esperto di computergrafica, a recarmi a New York per conoscere il pittore. Fu il primo di una serie di incontri stimolanti. Dalì aveva appena completato un progetto di scultura utilizzando ologrammi e si stava accingendo a una nuova impresa, la pittura a olio stereoscopica. Voleva consultarsi con noi su questioni tecniche, tra cui l'utilizzo delle lenti di Fresnel per visualizzare immagini affiancate senza ricorrere ad un sistema di specchi. Gli mostrai alcune delle nostre immagini in un visore stereoscopico e si mostrò molto interessato a vedere altre nostre tecniche, inclusi i film stereoscopici (in 3D). Mi colpì la sua padronanza di queste moderne tecniche di visualizzazione, che andava oltre H livello di nozioni fornito dalle riviste scientifiche divulgative.


In quell'occasione chiesi a Dalì da dove gli fosse venuta l'ispirazione per la sua Crocifissione e appresi con stupore dei legame con Raimondo Lullo. Si dà il caso che avessi appena letto De Nova Geometria di Lullo e Dalì fu sorpreso che non fossi estraneo all'argomento. Tra il 1975 e il 1985 andai a trovarlo tutte le volte che venne a New York, nonché una volta a Parigi e due in Spagna. Ogni volta voleva vedere i nostri nuovi progetti e ci mostrava le opere che aveva in cantiere, soprattutto quelle che avevano a che fare con la matematica.
Nelle categorie di questi progetti rientravano i dipinti che, cambiavano forma a seconda della distanza del punto di osservazione, nonché opere che includevano particolarità geometriche, soprattutto ispirate all'opera di René Thom, insignito nel 1958 del Nobel dei matematici, che sviluppò la teoria delle catastrofi. Nel 1975. due settimane dopo il primo incontro con Dalì, fummo invitati a tornare da lui per mostrargli alcuni dei nostri film stereoscopici. L'oggetto di un film in 3D era una superficie descritta per la prima volta da Giuseppe Veronese (1854-1917). Dalì guardò la sequenza delle proiezioni con l'ausilio di occhiali stereoscopici ma fu deluso dagli effetti, li attendeva più spettacolari. Ma queste immagini della superficie di Veronese divennero le sue preferite quando in seguito si interessò alla teoria delle catastrofi. Nel 1976 portammo con noi alcuni dei nostri primi videotape relativi alle superfici nello spazio quadridimensionale
Nell'occasione vedemmo in fase di lavorazione un'opera di uno dei dipinti più riconoscibili di Dalì, ovvero Gala guarda il mar Mediterraneo (seconda versione, la prima fu realizzata nel 1974-75). Nel 1973. sulla rivista Scientific American era apparso un articolo sullo studio condotto da Leon Harmon e Bela Julesz presso i laboratori Bell sul riconoscimento dei volti. I ricercatori presero un noto ritratto di Abramo Lincoln e lo scomposero in un centinaio di quadrati grigi. A una certa distanza il volto di Lincoln diventava immediatamente riconoscibile. Dalì prese quell'illustrazione e la trasformò in un quadro con Gala che guarda fuori dalla finestra. Osservandolo all'opera vidi come otteneva l'effetto. Aveva un paio di occhialini da teatro che usava al contrario, così che la tela sembrasse a venti metri di distanza. Poi andava a variare lievemente il colore di un quadrato e tornava indietro per ottenere di nuovo la visione a distanza. Fu emozionante e il dipinto divenne famosissimo. Acquistai una copia di una stampa e a un certo punto Dalì la firmò: «A’ mon ami, Banchoff, Hommage de Dalì».


Dalì aveva già creato vari dipinti che assumevano forme diverse da distanze diverse, ad esempio Il teschio di Zurbaran (1956) e Cinquanta dipinti astratti. A entusiasmare Dalì fu l'uso della computergrafica per dar luogo ad un nuovo approccio. Nei suoi dipinti stereoscopici a olio Dalì partiva da fotografie che poi modificava. Era già ricorso alla prospettiva esagerata ne Lo spettro di Vermeer che può anche servire da tavolo e usò lo stesso espediente in Dalì sollevo la pelle del Mediterraneo per mostrare a Gala la nascita di Venere (1917). Fu più o meno in quel periodo che Dalì ebbe l'idea del progetto del cavallo. Ho i suoi schizzi di un cavallo di trenta metri che sarebbe apparso normale solo da una precisa angolazione. La testa sarebbe stata vicina allo spettatore, le ampie spalle a una certa distanza e l'enorme posteriore molto lontano.


L'anno successivo, il progetto era diventato una scultura di 300 metri con il posteriore su una remota montagna. Nel 1981, quando andai a trovarlo a Parigi, Dalì voleva che le spalle fossero su una montagna lontana e il posteriore sulla luna. La scultura sarebbe stata visibile solo da un punto particolare a un'ora particolare. Il cavallo non sarebbe stato mai costruito. Nel 1980 Dalì mi chiese se conoscessi il matematico René Thom e rimase colpito quando gli dissi che l'anno successivo avrei condotto le mie ricerche proprio nell'istituto in cui Thom era titolare. Ancora più fu colpito l'anno dopo, quando gli comunicai che avevo scritto un articolo assieme a Thom, basato sull'analisi di una particolarità osservata per la prima volta in un filmato che avevo in precedenza mostrato a Dalì. Il film faceva parte della nostra presentazione al congresso internazionale dei matematici di Helsinki, in Finlandia nel 1918, e ne mostrai una versione a Dalì in occasione di uno dei nostri ultimi incontri, nel 1983, al castello di Pubol, a sud di Barcellona. Mentre osservavamo la superficie di Veronese, Dalì diceva: «C’est merveilleux» e indicava entusiasta ogni qualvolta avveniva un cambio di forma corrispondente a una delle catastrofi ombelicali di René Thom.

alessio

venerdì, marzo 07, 2008

il Cristo nell'arte...da me conosciuta!

Vi farò vedere le piu' "belle" (non ha senso bello nell'arte!come dice Alessandra) rappresentazioni di Cristo che mi hanno maggiormente colpito:

"Ecce Homo" di Antonello da Messina

Vedere questo quadro così, su internet...NON HA SENSO!
Vi giuro che se lo vedete dal vivo, vi metterete a piangere o comunque vi commoverete!
(testato su di me, alessandra e anche filippo)
Antonello da Messina, pittore del Rinascimento italiano, dipinge un Cristo pronto per essere giudicato dalla folla: Chi volete che vi liberi, Gesu' o Barabba?disse Pilato
bè sapete la storia come continua...
"Ecce Homo"...cioè "ecco l'uomo"....ecco a voi l'uomo! dopo averlo frustato e punito per non aver fatto niente.
Se lo vedeste da vicino, vedrete le lacrime sul volto di Cristo...sembrano vere...

"La Crocifissione bianca" di Marc Chagall
"La crocifissione bianca" fu dipinta dal pittore ebreo-russo Chagall nel 1938, nell'immediata vigilia della seconda guerra mondiale, ed in essa il pittore espresse le sofferenze del suo popolo, odiato e perseguitato, e anticipò le atrocità che sarebbero state commesse nei mesi e negli anni successivi.
Cristo è al centro, inchiodato su una croce bianca, già morto. Il suo corpo è inondato di luce bianca, proveniente da un raggio di luce bianca che scende trasversalmente.
In basso, sotto la croce, un candelabro a sette braccia.
Un uomo, con abito e berretto verdi, fugge portando un sacco sulle spalle. Sotto di lui, un fumante rotolo della Bibbia, e una donna sconsolata che accarezza il suo bambino.

Contrasta la serenità della morte di Gesù tra tanta disperazione, frutto di odio e follia. In basso un candeliere acceso dà ancora più luce all’evento della croce di Cristo, che simboleggia ogni ebreo martirizzato nella persecuzione.
Il Cristo non è cinto dal solito perizoma, ma dal tipico manto ebraico. Attorno, al posto delle figure consuete, sono raffigurati ebrei in fuga, scene di distruzione, di saccheggi, di disperazione: il caos.
Il furioso incendio della Sinagoga (in alto a destra) ricorda le distruzioni dei luoghi di culto operate dai nazisti in quegli anni. Le punte giallo-rosse delle fiamme si sovrappongono al fascio di bianca luce divina, come se potessero violarla. Anche le fiamme bianche che si sprigionano da una Torah (il Pentateuco, i primi cinque libri del Vecchio Testamento - nell' angolo in basso a destra) hanno ormai intaccato la scala appoggiata alla croce e minacciano la croce stessa.
I famigerati pogrom (le distruzioni dei villaggi ebrei nell'Europa centrale) sono rievocati sulla sinistra del quadro: case incendiate, distrutte, capovolte, sedie rovesciate, tombe profanate, un uomo mo
rto per terra che sembra divorato dalle fiamme.
La fuga dalla barbarie è un altro dei temi sviluppati: fuga di una donna atterrita col suo bimbo tra le braccia, di un vecchio che attraversa le fiamme della Torah, di un altro ebreo che cerca di portare in salvo un altro libro sacro, dei soldati che in preda alla disperazione si sporgono dalla barca... I soldati russi dell'Armata Rossa che irrompono in alto a sinistra - all' epoca unica speranza dell'Europa centro-orientale contro la barbarie nazista - sembrano pochi per poter contrastare tanta brutalità.
Sopra la croce, in cielo, Mosè che consola tre persone in pianto. In questo scempio solo la luce e la presenza di Cristo morente accendono la speranza di una rinascita, un riscatto, una riconciliazione, una vita nuova...
Chagall osserva attonito le atrocità del mondo e sembra che intoni con i suoi pennelli una sorta di dolente qaddish, la preghiera ebraica.

Qui c'è Cristo l'ebreo tra gli ebrei, visto dall'ebreo Chagall.
senza parole...

"Cristo Pantocrator" di Kiko Arguello

Il Cristo Pantocratore (dal greco pantocrator, "sovrano di tutte le cose") è una raffigurazione del Cristo tipica dell'arte bizantina, e rappresenta il ritorno di Cristo, nell'Apocalisse.

Egli è ritratto in atteggiamento maestoso e severo, seduto su un trono, nell'atto di benedire con le tre dita della mano destra, secondo l'uso ortodosso.
Questa icona è fatta dal pittore cristiano Kiko Arguello.

Non conosco bene la simbologia dei colori... ma voglio dargli una visione "kandiskiana" ai colori:

Il blu centrale attira dentro il quadro lo spettatore...risucchia...da senso di eterno e di spirituale.

Il nero, simbolo del vuoto, da un'idea di ciò che si sta verificando: la fine del mondo ed il giudizio finale! ritornerà tutto al vuoto.

il grigio fa stare Gesu' al centro...da centralità.

il rosso, ricorda il sangue versato dall'umanità e il dolore...ma allo stesso tempo da un senso di maestà..

infine l'oro è il colore dei re... da luce a tutta l'icona.
simone

martedì, febbraio 12, 2008



Dopo il grandissimo successo delle mariettate del prof. Marietti,(Marietti ipse dixit) con un pò di ritardo pubblichiamo la nuova raccolta!
a voi!


  • Orazio aveva già capito cosa era il rumore elettronico: "Mentre cammino per la via Sacra c'ho sempre lo scocciatore affianco che me racconta cose che non me ne può frega' de meno!"

  • E' inutile che ti metti ad aspettare di ricevere qualcosa se non ti metti d'accordo con chi trasmette. Non ricevi niente dagli alieni se non ti ci sei messo d'accordo... è inutile che stai là con l'orecchione. Poi becchi la trasmissione per caso e te sei inventato una cosa nuova e sei contento. Ti ci devi mette d' accordo belli o brutti che siano, con le orecchie a punta o col naso a tromba!

  • Ci interessiamo del perchè si fanno 'ste stregonerie ( trasmissione voce )

  • Il rumore celeste non è proprio " celeste ", venuto dal cielo... ma ci dà fastidio

  • Tutti abbiamo una padella sul terrazzo

  • Se l'antenna è SCHIFA il rumore la APPILA

  • Gli elettroni non camminano come legioni romane ma come un gruppo di tifosi che vanno allo stadio... ognuno fa come gli pare!

  • Non tutti gli elettroni come una " falange macedeone " ce la fanno a superare la barriera...qualcuno ce la fa, qualcuno no!

  • ...come il DIAVOLETTO DI MAXWELL che scarta il rumore

  • rπ è una metafora

  • ... cariche che si sposano e poi si divorziano

  • Nella discontinuità succedono cose turche!

  • Se mi metto a fare trucchi divento più bravo di Harry Potter!

  • Seguito a palleggiarmi l'energia tra i condensatori e altre celestialità

  • Si devono fare i conti... mettetevi l'anima in pace, prendete un caffè, dite una preghiera... fate come ve pare...

  • La sinusoide la puoi usare come un cammello

  • Se non ti puoi inventare un raffreddamento con l'azoto liquido, un James Bond o un Walker Texas Ranger, non lo usi per applicazioni estreme!

  • Se in trasmissione non tieni la frequenza precisa, arriva il maresciallo della finanza che ti ammolla una multa che la prossima volta la tieni precisa...

  • Non riuscirete mai ad acchiappare la matematica con la fisica sperimantale!

  • ( Squilla un cellulare ) Che facciamo, gli rispondiamo a questo?

  • Posso sbattermi con la matematica fino a diventare Cauchy, ma quando devo costruire l'amplificatore i valori che ho trovato non saranno precisi mai!

  • Se vuoi fare un oscillatore con parte reale negativa muori bambino, fai una strage, il silenzio degli innocenti!

  • Andiamo avanti sennò qua il circuito non lo vediamo manco dipinto!

  • In un oscillatore l'effetto provocato dal carico può influire poco, ma tanto da infastidire il maresciallo della finanza che vale la pena tenerselo buono.

  • Il transistor è polarizzato contro tutte le regole di governo

  • La resistenza di qua è uguale alla resistenza di là solo se il tuo giorno fortunato!

  • ...esco a 50 V, porto a 50 kV, riporto a 220 V, poi mi servono 12 V... sto dicendo tutti numeri a vacca!

  • Se vuoi una resistenza da 1 kΩ in banda base vai dal salumiere e te la dà. Se ne vuoi una a RF vai dal Dr. Jeckyll vestito bene e col camice bianco e gli chiedi una resistenza da un kΩ a 3 MHz. Quello te la dà dentro un cofanetto e ti chiede 200 euro!

E per finire in bellezza questa forse è la più bella e la più saggia da leggere e rileggere e da tenere sempre a mente:

QUANDO ALL'ORIZZONTE SI MATERIALIZZA IL PAESE DEI BALOCCHI... ECCO CHE QUALCUNO DIVENTA ASINO!



lunedì, novembre 19, 2007

è da tempo che volevo parlare in un post di Gustavo Rol...
ma non so proprio da dove cominciare e da dove finire! siccome c'è una quantità enorme di notizie e di fatti che girano attorno alla sua figura, a dir poco, enigmatica.
Mi chiederai: chi è Gustavo Rol?
Io ti rispondo: è difficile da "definire"!!!
è per questo motivo che qui sotto ho riportato, con un bel "copia-incolla", ciò che dicevano di lui, le persone che lo conobbero dal vivo:

«Gustavo Rol è un uomo che Dio ha mandato fra di noi per renderci migliori»Franco Zeffirelli
«...è l'uomo più sconcertante che io abbia conosciuto. Sono talmente enormi le sue possibilità, da superare anche l'altrui facoltà di stupirsene»
Federico Fellini
«Vive a Torino il dott. Gustavo Adolfo Rol, un sensitivo capace di imprese che non hanno nulla di normale e che è impossibile interpretare. È in grado perfino di fare viaggi nel tempo, di conversare con entità che hanno raggiunto l'oltretomba da secoli o di far piombare in un salotto col belato della capra anche il suo campanaccio. Un busto di marmo pesantissimo, senza che nessuno si muovesse, passò da un caminetto al centro di un desco». Enzo Biagi
«... una personalità fra le più sorprendenti del secolo» Alberto Bevilacqua
«Quell'uomo legge nel pensiero e non possiamo rischiare che i segreti dello Stato francese vengano a conoscenza di estranei» Charles De Gaulle
«Rol sfugge alla nostra possibilità di comprensione. È un mistero»Cesare Romiti
«... è il più indecifrabile e fascinoso enigma in cui mai mi sia imbattuto» Roberto Gervaso
«...un individuo dotato di poteri incredibili»Guido Ceronetti
«Qualcosa di benefico si irraggia sugli altri. È questa la caratteristica immancabile...dei rari uomini arrivati, col superamento di se stessi, a un alto livello spirituale, e di conseguenza all'autentica bontà»Dino Buzzati

Tutto questo è ciò che hanno detto su di lui... ma ora vi riporto ciò che lui disse di se stesso:

«Non credo di essere un medium nel senso letterale della parola e neppure un sensitivo. Forse posseggo doti di una intuizione profonda ed istintiva, e di questo mi sono accorto fin da quando ero ragazzo».

«Non sono un mago. Non credo nella magia... Tutto quello che io sono e faccio viene di là [e indicava il cielo], noi tutti siamo una parte di Dio... E a chi mi domanda perché faccio certi esperimenti, rispondo: li faccio proprio a confermare la presenza di Dio... ».

«Ho sempre protestato di non essere un sensitivo, un veggente, medium, taumaturgo o altro del genere. È tutto un mondo, quello della Parapsicologia, al quale non appartengo anche se vi ho incontrato persone veramente degne ed animate da intenzioni nobilissime. Troppo si scrive su di me e molti che l'hanno fatto possono dire che mi sono lamentato che si pubblichi una vasta gamma di fenomeni e mai ciò che esprimo nel tentativo di dare una spiegazione a queste cose indagando su come e perché si producono certi meravigliosi eventi».

«Ma è sicuro che io sia importante per la sua inchiesta? Io sono una persona qualsiasi. Non ho niente a che vedere con i medium, i guaritori, gli spiritisti che lei intervista. Quello è un mondo lontano dalla mia mentalità. I miei modesti esperimenti fanno parte della scienza. Sono cose che in un futuro tutti gli uomini potranno realizzare».

"Mi sono definito «la grondaia che convoglia l'acqua che cade dal tetto». Non e' quindi la grondaia che va analizzata, bensi' l'acqua e le ragioni per le quali «quella Pioggia» si manifesta.
Non e' studiando questi fenomeni a valle che si puo' giungere a stabilirne l'essenza, bensi' piu' in alto dove ha sede lo «spirito intelligente» che già fa parte di quel Meraviglioso che non e' necessario identificare con Dio per riconoscerne l'esistenza. Nel Meraviglioso c'e' l'Armonia riassunta del Tutto e questa definizione e' valida tanto per chi ammette quanto per chi nega Dio."

Scommetto che vi è cresciuta la curiosità dopo aver letto tutto ciò...ma non è finita!
Nel corso della sua lunga vita Rol è venuto in contatto con grandi personaggi della storia del Novecento: Einstein, Fermi, Fellini, De Gaulle, D'Annunzio, Mussolini, Reagan, Pio XII, Cocteau, Dalì, Agnelli, Einaudi, Kennedy e tanti altri. Il suo ruolo è stato quello di mostrare l'esistenza di "possibilità" (come lui chiamava questi "poteri") che possono essere conseguite da ogni essere umano e di confermare la presenza di Dio fuori e dentro l'uomo. Oltre ad una vasta antologia di prodigi spontanei, ha codificato una originale serie di esperimenti che si situano nel confine metafisico dove convergono scienza e religione. Ha fatto spesso uso di carte da gioco, il che ha fatto insinuare ad alcuni che facesse della prestidigitazione. Tuttavia queste carte, che nella maggior parte dei casi non erano da lui nemmeno toccate, costituivano solo il primo e più semplice gradino cui accedevano i neofiti durante le "serate" di esperimenti, oppure erano un mezzo divertente e dinamico per scaldare l'ambiente. Ciò non significa che ciascuno dei "semplici" esperimenti non fosse di per sè sconvolgente.
Egli solitamente mostrava le sue doti "paranormali" negli "esperimenti", come lui li chiamava, che proponeva ai suoi amici nel suo salotto di casa...questi esperimenti consistevano in bizzarri ed inconsueti giochi di carte o di levitazione di oggetti, lettura del pensiero ecc...
Tutto quello che lui ha fatto da quando nacque nel 1903 (a Torino) fino a quando morì nel 1994, è descritto e raccontato in maniera egregia nel sito ufficiale XXXXXXXXXXXXXXXXXXXX quindi è inutile che io vi riporti questa valanga di informazioni e racconti sui suoi esperimenti e prodigi...(meglio evitare di postare un papiro...è fuori moda!)
é per questo che vi riporto solo dei brevi racconti per darvi una idea di ciò che Rol era in grado di fare:

«A volte Rol 'scrive' anche sui tovaglioli delle persone che stanno ai tavoli vicini. Lo fa solo quando è sollecitato dagli amici, che vogliono divertirsi. Mi hanno riferito che uno di questi è Federico Fellini. Quando si trova a Torino, il riferito regista va sempre a salutare Rol. Poi lo invita a pranzo e infallibilmente gli chiede di 'scrivere' a distanza, sui tovaglioli di certi commensali. Rol si rifiuta, dice che non riesce a fare qualcosa che altri vorrebbero, ma poi finisce per cedere. Fellini sceglie certi signori corpulenti, che pranzano con il tovagliolo puntato sul petto sporgente. "Scrivigli qualche epiteto spiritoso", suggerisce a Rol. Il sensitivo traccia dei segni per aria e sul tovagliolo bianco del tranquillo commensale appaiono le frasi più strane, spesso pungenti.
Quando il 'bersagliato' se ne accorge protesta con i proprietari del ristorante. Qualcuno si arrabbia, minaccia e Fellini si diverte un mondo."

Il prof. Diego de Castro, ex-direttore dell'Istituto di Statistica dell'Università di Torino in un articolo su La Stampa del 20.08.1978: «Rol, in piena luce, verso le 13, fece questo esperimento in casa di mio suocero dove era stato invitato a colazione. Non a casa sua. Preso da me, a caso, un libro tra una trentina di volumi ugualmente rilegati: scelte da me tre carte da un mazzo ch'era in casa, per determinare il numero della pagina, mi fece mettere il libro sul petto e intonare una specie di nenia (oh, oh, oh) per alcuni secondi. Non toccò mai il libro che risultò poi essere di Victor Hugo. Disse in francese (traduco): "I valentinesi dormivano con i loro orsi". Il primo verso della pagina scelta con le carte diceva: "I valentinesi dormenti con i loro orsi". Il libro non era mai uscito dalle mie mani, la sua scelta e la scelta della pagina erano casuali: ignoravo che libro fosse. Trucco? Chiedo la spiegazione, anche perché ripetemmo l'esperimento con un libro tedesco e uno italiano con gli stessi risultati».

Il noto scrittore cattolico Vittorio Messori sullo speciale Sette del Corriere della Sera, ottobre 1994, racconta:
«Si conversava, un giorno (era con me Giuditta Dembech) nel grande salone stile Impero, in attesa di trasferirci nell'ambiente attiguo per gli "esperimenti". Si venne a parlare di quel Cottolengo dove Rol (mi dicono) era una presenza abituale e benefica e che, come si sa, non vive che di ciò che, giorno per giorno offre la Provvidenza. Sapevo bene che non aveva mai voluto approfittare per sé delle sue capacità inspiegabili. Ma per qual motivo non per gli altri? "Dottor Rol", gli chiesi dunque, "perché, con questa sua possibilità, mille volte provata, di 'prevedere' ciò che uscirà da un mazzo di carte o da una roulette, non sbanca un casinò? Perché non sottrarre qualche miliardo a quegli speculatori per dirottarli verso chi ne ha bisogno?". Sorrise e lasciò cadere la domanda.
Poco dopo, ci sedemmo attorno al gran tavolo antico. Lui era a un capo, io a un altro, a notevole distanza uno dall'altro. La luce nell'ambiente era piena: non era ancora del tutto buio e i lampadari di cristallo erano accesi. Dopo qualche incredibile quanto consueto - per lui - "esperimento" con le carte, mi si rivolse all'improvviso: "Caro amico, voglio rispondere alla sua domanda. Si alzi, nel cassetto di quel tavolino troverà una risma di fogli bianchi. Ne prenda alcuni, li esamini uno ad uno, ne controlli la filigrana in controluce. Poi li ripieghi in quattro e li infili nella tasca interna della sua giacca. E chiuda bene il bottone!". Eseguii, ritornai al mio posto. Rol non si era mosso dal suo, non ci si era sfiorati. Per un attimo piegò la testa all'indietro, "scrisse" nell'aria con una sua matita - famosa tra i suoi frequentatori - rivestita di bambù. Subito dopo mi disse di estrarre dalla giacca i fogli bianchi che avevo controllato a uno a uno e che io solo avevo toccato. Sul foglio più interno stava scritta, a matita, la risposta alla mia domanda: "Sarebbe una beneficenza fatta senza sacrificio, quindi non avrebbe valore alcuno (qui, una parola indecifrabile, n.d.r.) dello spirito di Rol". Volle che gli consegnassi il foglio: con la stessa matita (anche se in carattere più marcato) e con la stessa calligrafia - era inconfondibilmente sua quella "apparsa" di colpo nella mia tasca, quasi che la grafite si fosse depositata venendo dall'aria - scrisse: "Proprietà del dottor Vittorio Messori, 11 aprile 1989. R". Lo arrotolò e me lo consegnò "per ricordo"».

«Una sera (Rol) ci comunicò che avrebbe voluto scrivere una lettera di fuoco a una persona che lo aveva offeso. Ma, mentre stavamo parlando, agitato mi invitò a dire un numero qualunque. "Ventotto" risposi. Allora mi pregò di andare a prendere un volume qualsiasi e di aprirlo alla pagina corrispondente: la prima parola era "Perdono". Naturalmente non scrisse più la lettera».

SImone

lunedì, novembre 12, 2007

Riceviamo dall’amico Josè Ottati (sua la traduzione) questo bellissimo e significativo racconto allegorico che pubblichiamo con favore, vista anche la rilevanza del tema trattato.

In fondo il testo originale, per gli ispanofonici o per chiunque volesse dilettarsi nel leggerlo.

GALLINE


Finchè non possedevo niente più che il mio materasso e i miei libri, ero felice. Adesso che possiedo nove galline e un gallo, la mia anima è molto turbata.


La proprietà mi ha reso crudele. Ogni volta che compravo una gallina la legavo per due giorni ad un albero, imponendole il mio domicilio e distruggendo così, nella sua fragile memoria, l'amore per la sua antica residenza. Ho costruito un recinto intorno al mio giardino, per evitare l’invasione dei miei uccelli e l’invasione delle volpi di quattro e due piedi. Mi sono isolato, ho fortificato le frontiere, ho tracciato una linea diabolica tra me e il mio prossimo. Ho diviso l'umanità in due categorie; io padrone delle mie galline e gli altri che potevano levarmele. Ho marginato il crimine. Il mondo si è riempito per me di presunti ladri, e per la prima volta ho lanciato al di là del recinto uno sguardo cattivo.


Il mio gallo era molto giovane. Il gallo del vicino ha saltato il recinto e si è messo a corteggiare le mie galline e ad amareggiare l'esistenza al mio gallo. Buttai fuori a forza di sassi l'intruso, però le galline saltavano il recinto e facevano le uova a casa del vicino. Ho chiesto le mie uova e il mio vicino mi ha guardato male. Da allora vedevo la sua faccia sopra al recinto, il suo sguardo cattivo e minaccioso uguale a quello mio, i suoi polli saltavano il recinto e mangiavano il mais bagnato destinato ai miei animali. I suoi polli mi sembravano criminali. Gli ho perseguitati, e accecato dalla rabbia ne ho ucciso uno. Il vicino attribuì un’importanza enorme al fatto, non volle accettare un indennizzo, recuperò il cadavere e invece di mangiarlo lo ha mostrò a tutti i suoi amici; così è iniziò a girare voce nel paese della mia fama e brutalità imperialista. Per questo aumentai l'altezza del mio recinto e raddoppiai la vigilanza; alzai, in poche parole, il mio presupposto di guerra! Il vicino ha un cane deciso a tutto, io sto pensando di comprare un revolver.


Dov'è la mia vecchia quiete? sono avvelenato per la diffidenza e la cattiveria. Lo spirito del male si è impossessato di me. Prima ero un uomo, adesso sono un proprietario.


Rafael Barret

pubblicato sul "Nacional", 5 Luglio 1910..



GALLINAS

Mientras no poseí más que mi catre y mis libros, fui feliz. Ahora poseo nueve gallinas y un gallo, y mi alma está perturbada.

La propiedad me ha hecho cruel. Siempre que compraba una gallina la ataba dos días a un árbol, para imponerle mi domicilio, destruyendo en su memoria frágil el amor a su antigua residencia. Remendé el cerco de mi patio, con el fin de evitar la evasión de mis aves, y la invasión de zorros de cuatro y dos pies. Me aislé, fortifiqué la frontera, tracé una línea diabólica entre mi prójimo y yo. Dividí la humanidad en dos categorías; yo, dueño de mis gallinas, y los demás que podían quitármelas. Definí el delito. El mundo se llena para mí de presuntos ladrones, y por primera vez lancé del otro lado del cerco una mirada hostil.

Mi gallo era demasiado joven. El gallo del vecino saltó el cerco y se puso a hacer la corte a mis gallinas y a amargar la existencia de mi gallo. Despedí a pedradas el intruso, pero saltaban el cerco y aovaron en casa del vecino. Reclamé los huevos y mi vecino me aborreció. Desde entonces vi su cara sobre el cerco, su mirada inquisidora y hostil, idéntica a la mía. Sus pollos pasaban el cerco, y devoraban el maíz mojado que consagraba a los míos. Los pollos ajenos me parecieron criminales. Los perseguí, y cegado por la rabia maté uno. El vecino atribuyó una importancia enorme al atentado. No quiso aceptar una indemnización pecuniaria. Retiró gravemente el cadáver de su pollo, y en lugar de comérselo, se lo mostró a sus amigos, con lo cual empezó a circular por el pueblo la leyenda de mi brutalidad imperialista. Tuve que reforzar el cerco, aumentar la vigilancia, elevar, en una palabra, mi presupuesto de guerra. El vecino dispone de un perro decidido a todo; yo pienso adquirir un revólver.

¿Dónde está mi vieja tranquilidad? Estoy envenenado por la desconfianza y por el odio. El espíritu del mal se ha apoderado de mí. Antes era un hombre. Ahora soy un propietario...

Rafael Barret

Publicado en "El Nacional", 5 de julio de 1910.

domenica, novembre 04, 2007

Un bell’articolo per continuare a parlare d’ambiente, tratto da L’amaca di Michele Serra. Dopo l’Oscar per il migliore documentario e il Nobel, un articolo dedicato, anche, ad Al Gore.


Sta diventando molto di moda, tra i reazionari-chic e nelle vivaci ridotte del politicamente scorretto, sfottere Al Gore e in generale prendere per fesserie tutte o quasi le previsioni fosche sul futuro del pianeta, da quelle climatiche all'allarme per l'inquinamento dell'aria e delle acque. Si sottolineano le imprecisioni, le approssimazioni, le esagerazioni delle famose Cassandre, si cercano gli errori con quel genere di gongolante pedanteria di chi coglie in castagna il famoso romanziere a pagina 323, e pazienza se fino a pagina 322 era un capolavoro.

Si capisce che sia molto più vantaggioso immaginare che l'inquinamento, l'effetto serra e in generale la sensazione di deterioramento ambientale siano frutto della fantasia di un gruppo di dementi o di iettatori. E che sia un vero spasso scoprire che Al Gore ha scritto 8,6 per cento e invece era il 7,3. Rimane il fatto (definibile per via empirica, non ideologica) che l'equilibrio tra uomo e ambiente, a partire dalla spaventosa progressione quantitativa della nostra specie, ci appare sempre più precario. Ci pare molto meglio preoccuparcene, insieme a quel cretino di Gore, piuttosto che ridacchiare in un angolino in compagnia degli intelligentoni negazionisti.

sabato, ottobre 20, 2007

Ho letto l’articolo che seguo con profondo sgomento… non solo per ciò che la morte e la guerra rappresentano, ma perché i morti in questa guerra hanno la mia età.

La classe perduta dell'80

di Vittorio Zucconi, tratto da La repubblica

Arlington (Virginia) - Trovare la generazione perduta dei ragazzi dell'80 è facile. Basta seguire i vecchi in cammino verso le tombe dei giovani, perché tutti i cimiteri di guerra sono fatti cosi. Sono mondi contronatura, città capovolte nelle quali i giovani stanno sotto la terra e i vecchi sopra. Nei giorni delle feste solenni, quando le scuole sono chiuse e gli uffici sono muti, sgambetta tra le lapidi qualche bambino che non ricorda nulla del padre sotto i suoi piedi, e si sdraia sulla terra come sul letto matrimoniale ormai vuoto qualche giovane donna che ha paura di dimenticarlo. Ma nei giorni feriali ci sono soltanto i vecchi e le vecchie, che magari hanno poco più di quarant'anni, ma hanno lasciato quello che restava della loro giovinezza nelle fosse dove giacciono i «ragazzi dell'80», la leva dei ventenni americani inghiottita da un'altra guerra combattuta per mettere fine a tutte le guerre.

Ci sono più di 300 mila morti qui nel cimitero di Arlington, sulle colline della Virginia a sud di Washington oltre il fiume Potomac, che appartennero al generale comandante delle armate Sudiste nella Guerra Civile, Robert E. Lee. Seguendo i vecchi troppo orgogliosi per prendere l'autobus identico a quelli che scarrozzano i turisti a Disneyworld, per viali e i sentieri e pettinati come neanche il giardino del re, si arriva, all'incrocio fraYork e Halsey road alla “Sezione 60”, la più grande. La si riconosce subito, dalle lapidi di marmo ancora fresco e bianco, dai fiori e dai pupazzi sparsi. Soprattutto, l'annunciano due scavatrici giapponesi gialle che smuovono la terra delle nuove sezioni vicine, la 61, la 62, la 58, la 57.

Dissodano e rimescolano la terra con le loro pale per fare posto agli altri «ragazzi e ragazze» dell"80, e presto del '90, che reclamano il proprio posto, in attesa paziente nei frigoriferi degli obitori militari chiusi per ordine al pubblico e ai media, per non turbare i sonni dei sudditi. La terra di queste colline alluvionali, che il fiume porta giù dai vecchi monti Appalaci, è accogliente, soffice e la madre del sergente Princess Samuels, una bella ragazza dalla carnagione color cappuccino a giudicare dalle foto che lei distribuisce a tutti, deve essere rassicurata dal becchino, quando vede la lapide della figlia un po' storta. «Tutte si assestano, dopo qualche settimana, per il peso, nel terriccio bagnato e la superficie sopra la bara si infossa un po'. Ma noi torniamo a raddrizzare le pietre tombali e a ripianare il prato». La signora Regina Samuels si rasserena un poco. «Si era arruolata per avere i soldi dell'università», mi spiega come se fossi un parente e non uno sconosciuto importuno, nella spontaneità solidale di cimiteri e ospedali. Depone un'altra foto e una piccola zucca gialla. «Andava pazza per Halloween», la festa dei morti che scherzano ed escono dai sepolcri. Questa, non credo.

Princess era del 1985. Quando morì in Iraq, anzi, nell'Operazione Iraqi Freedom come sta inciso sulla lapide, perché la protervia della retorica politica non risparmia neppure i morti, era l'agosto scorso, dunque aveva ventidue anni. Una veterana, una «nonna», accanto ai ragazzini che ora le fanno compagnia nella «Sezione 60». Taylor Prazynski, caporale dei Marines, era del 1984. E’ morto nel 2004 il giorno del suo compleanno. Due lapidi un po' pendenti più in là, Nils G. Thompson ci racconta di essere caduto a 19 anni, nato nel 1986, morto nel 2005, come 19 anni aveva il suo vicino, Christopher Joyer di New Orleans, 1986-2005.

Diciannove anni aveva anche Colin Joseph Wolfe, caporale dei Marines, di religione ebraica annunciata dalla stella di Davide incisa sulla lapide e poiché le guerre sono sempre molto politicamente corrette e strette osservanti delle pari opportunità etniche, dopo il polacco, la donna di sangue africano, l'ebreo, il sudista con il nome francese, a 19 anni si sono portate via il Marine vietnamita Alan Dinh Lan e il cinese capitano dell'esercito Y. L. Chen, senza croci, stelle o altri simboli religiosi. Che ritrovo invece sulla pietra candida e fresca di Humayun Saquid Muazzarn Khan, capitano della US Army ucciso quando ormai era praticamente un pensionato, a 28 anni. Il simbolo è la falce di luna della sua fede, l'Islam.


L'età media dei 3.818 soldati americani volontari morti in Iraq (oggi saranno almeno tre di più) e dei 449 in Afghanistan, totale parziale 4.267, quasi il doppio delle vittime di al Qaeda nelle Torri Gemelle, è di 20 anni e sette mesi. Una giovinezza impressionante, per un esercito di professionisti, di volontari, un segno brutto di come si stia grattando il fondo di una generazione, per riempire i vuoti lasciati dagli anziani che se ne vanno appena scade il loro contratto con il Pentagono. Un'età che rammenta più i massacri dei nostri «ragazzi dei '99», o i reggimenti dei «kindermorder», dei liceali tedeschi che partivano a farsi macellare sulla Marna, piuttosto che un'armata di soldati di mestiere. «Uccisi nell'esplosione del loro trasporto truppe blindato», ricorda una lapide di marmo grigio più grande sopra una fossa collettiva che ospitai resti di cinque morti, non molti resti, a giudicare dalle dimensioni del rettangolo di erba fresca. 1983, 1984, 1985, 1986, ora anche qualcuno del 1987, nelle quattro fosse più recenti, ancora teenagers, nei loro 19 anni, con la barba non ancora completa, i seni ancora acerbi, dietro i giubbotti di kevlar spesso comperati dai parenti, con quelle maschere guerriere, gli elmetti da Star Wars, gli occhiali scuri, il beccuccio rialzato del visore notturno a infrarossi eretto sull'elmo come il pennacchio di un lanciere.

Non ci starebbero tutti 4.267, nel terriccio sulle sponde del Potomac, e neppure uno sui dieci di loro, 400, è sepolto qui. Il ministero della Difesa e l'amministrazione dei parchi nazionali che controllano questa immensa città dei morti sono parsimoniosi nell'accettare candidati e non tutte le famiglie lo richiedono. Molti vecchi preferiscono seppellire i loro giovani vicino a casa, nella semplicità di un funerale qualsiasi, senza trombe, silenzi, alte uniformi, lacrime di coccodrillo e schioppettate a salve. Alcuni rifiutano per dispetto, per rabbia contro la guerra che ha consumato i figli, la effimera consolazione dell'eroismo ufficiale. Altri non si possono permettere viaggi aerei andata e ritorno attraverso una nazione continente, per portare un pelouche - quanti pelouche ho visto sulle tombe dei guerrieri bambini - una foto, una zucca, un mazzo di fiori, ma non una piantina, che è vietata. E di fronte a una nazione indifferente, che continua a voltarsi dall'altra parte per non vedere quello che ha fatto a una generazione, ai morti e ai 30mila feriti gravi, il raccoglimento di un piccolo cimitero in Mississippi o in Indiana è meno offensivo della prosopopea del «giardino di pietra», come è stata ribattezzata la città dei morti. Sulle alture dalle quali si vede, dopo la caduta delle foghe, la Casa Bianca dove abita colui che li ha mandati a morire.


L'ultima fossa, la più recente, porta la data di nascita dell'anno 1987 e l'erba si è imbrunita per la siccità e al caldo innaturale di questo ottobre washingtoniano. Le zolle srotolate sopra la fossa, perchè seminare vorrebbe dire lasciare la polvere nuda fino alla crescita e fa brutto vedere, sono inaridite e i giardinieri si preoccupano. Tutto deve sembrare bello, dove niente lo è. Noi dobbiamo credere, fidarci, non vedere e portare qualche fiore ai figli. Magari anche un succhiotto rosa, che una madre ha fatto deporre a un bambino, davanti alla lapide del “lance corporal” dei Marines, Robert Mininger, classe 1984, morto nel 2005. Chissà se quella bambina ha fatto scenate, per togliersi quel succhiotto e che cosa ha dovuto dirle la madre, per convincerla, per mentirle, lascialo a papà, cosi dorme meglio.

E allora buonanotte, caporale.

Alessio

lunedì, ottobre 15, 2007

Si fa un gran parlare di ecologia e ambientalismo… ecco possiamo fare concretamente per ridurre il nostro impatto sull’ambiente. Si tratta di piccole buone abitudini che oltre a rispettare l’ambiente, ci permettono anche di risparmiare qualche euro.

L’articolo, di Cristina Mochi, è tratto da un Venerdì di qualche tempo fa.


Mettendoci tutti a dieta di carbonio si può alleggerire il peso del futuro


Nel 2005 entrava in vigore il protocollo di Kyoto. Ma, anziché diminuire, le emissioni di gas serra sono aumentate. Con pochi sacrifici, però, ognuno di noi può cambiare «taglia». E fare la differenza


Dopo la dieta del minestrone, questa primavera prepariamoci alla dieta del carbonio. La consigliano climatologi e ambientalisti, sicuri ormai che ridurre i consumi di energia (soprattutto tagliando gli sprechi) sia l'unica strada per ridare una speranza al Pianeta che ribolle.

Bisogna evitare, spiegano, che la temperatura media della Terra salga di oltre due gradi nei prossimi decenni, altrimenti il calore innescherebbe nell'atmosfera reazioni a catena dagli effetti imprevedibili. Ci sono gravi ritardi nelle scelte politiche, visto che alcuni tra i più gran di Paesi industrializzati del mondo, come Usa e Australia, non hanno neppure firmato gli accordi di Kyoto sulla riduzione delle emissioni di gas inquinanti.

In Inghilterra però è stato calcolato che l'85 per cento delle immissioni di anidride carbonica nell'aria dipendono dai comportamenti individuali dei cittadini. E dunque si può fare molto modificando, anche di poco, le proprie abitudini. Proprio come si farebbe in una dieta non troppo severa.

Gli italiani, per esempio, che sono consumisti e spreconi almeno quanto gli inglesi (produciamo circa 500 milioni di tonnellate di CO2 l'anno, contro i circa 600 della Gran Bretagna) per l'anniversario di Kyoto (16 febbraio) sono invitati da Legambiente a passare da una taglia nove a una otto.

Nove sono le tonnellate di anidride carbonica che produciamo a testa: perdendone una ridurremmo le emissioni di circa 56 milioni di tonnellate, addirittura più di quel che abbiamo promesso di fare siglando il trattato (cioè 32,5 milioni di tonnellate entro il 2012). Pochi i sacrifici richiesti, dicevamo, e si possono affrontare a cuor leggero, pensando che ci alleggeriranno il respiro ma non le tasche.

Accendere solo di notte uno scaldabagno elettrico, infatti, taglia 2135chilogrammi di anidride, ma anche 854 euro in bolletta. Sostituire cinque lampadine con quelle a basso consumo taglia 17 5 chili e 70 euro, non lasciare la tv in stand by taglia 79 chili e 32 euro.

Può consolarci sapere che, nel frattempo, parecchi nel mondo si stanno muovendo per fare la propria parte. C'è la grande catena di supermercati inglese, Tesco, che ha dichiarato di voler fornire di tetti fotovoltaici i suoi punti vendita per renderli autonomi dal punto di vista energetico.
Dopo, mettere sui propri prodotti, oltre al calcolo di calorie, proteine e zuccheri, anche la produzione di C02 della merce in questione, calcolata in base ai chilometri fatti per arrivare sul banco o alla quantità di imballaggi.

Sul web le proposte si fanno più originali: Mark Oritkush di Boston, nel blog Ecolron (ecoiron.blogspot.com) vorrebbe far diventare nera la schermata di Google, così servirebbero 59 watt anziché 74 per visualizzarla. Quanto alle scelte dei politici, una data cruciale per l'Italia sarà il l0 luglio 2007, quando il mercato dell'energia verrà liberalizzato. Ma bisogna fare attenzione. A quella data avremo una situazione simile a quella vissuta con la telefonia: appariranno più fornitori, ciascuno con le sue tariffe. Ma mentre quelle attuali garantiscono risparmi per i contratti fino a 3kw, e così facendo premiano, giustamente, chi consuma di meno, in futuro, tolto il tetto dei 3kw (che si rivelerebbe antieconomico in un mercato libero), accadrà il contrario: i nuovi gestori, per guadagnare, spingeranno a consumare di più per spendere di meno, come succede, appunto, con il telefono. “Noi invece proponiamo di fare come in California: se in un anno dimostri di aver utilizzato il dieci percento in meno di energia, avrai uno sconto del dieci per cento in bolletta”, dice Edoardo Zanchini di Legambiente. Il libero mercato, poi, dovrebbe dare anche la possibilità di optare per l'energia rinnovabile. Ma potrebbe non essere così: oggi viene certificata come verde solo l'energia che non ottiene incentivi, e cioè l'idroelettrica, Per di più il fornitore non ha l'obbligo di dirti da dove prende l'energia. Se prima di luglio questa legge non viene cambiata, non ci sarà un mercato né verde né trasparente. Sperando poi che tutti questi sforzi si rivelino utili. “Come abbiamo chiuso il buco nell'ozono, faremo anche questo”, ci rassicura Al Gore nel suo bel film Una scomoda verità.

Alessio

Il Bruco partecipa con questo post a: Bloggers Unite - Blog Action Day

Blog Action Day

Il 15 ottobre, i blogger si uniranno per focalizzare l'attenzione di ognuno su una sola, importante problematica. Quest'anno l'argomento di discussione sarà l'ambiente. Ogni blogger scriverà un articolo sull'ambiente, in modo del tutto personale e collegato all'argomento del suo blog. Il nostro scopo è far parlare tutti per costruire un futuro migliore.

sabato, luglio 28, 2007

Di fronte a questo VIDEO eccezionale, penso ci sia solamente una cosa da dire:
gli ufo esistono e volano già sopra le nostre teste!

Sarei davvero curioso di sentire cosa direbbero i cosidetti "cicappini" (quelli che fanno parte del CICAP Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale...Piero Angela ad esempio) su questo video.
...Sicuramente si tratta di fulmini globulari! eh si certo! i noti fulmini globulari che non sappiamo neanche che sono!
ma no! sono dei palloni sonda! è chiaro! e mica siamo scemi!
anzi no!...è un'allucinazione collettiva che ha ingannato + di 100 persone!


"
Un ufo è stato avvistato nei cieli del paese natale di William Shakespeare, Stratford-Upon-Avon, in Inghilterra. Un centinaio di increduli cittadini sono scesi in strada per guardare cinque strani punti luminosi che sono rimasti allineati per più di mezz'ora. Molte delle persone che hanno immortalato l'oggetto volante non identificato con i loro telefonini sono convinti si tratti di un fenomeno extraterrestre.
Lo strano episodio, scrive il quotidiano Daily Mail, è iniziato poco dopo le 22.30, quando alcuni punti luminosi sono arrivati lentamente sopra la città. All'inizio tre luci tonde hanno formato un triangolo, mentre un'altra si è posizionata sulla destra. Pochi minuti dopo, un quinto punto luminoso è stato visto avvicinarsi agli altri a gran velocità prima di rallentare per posizionarsi a poca distanza dagli altri.

I più scettici hanno detto che poteva trattarsi di palloni aerostatici, fuochi d'artificio o anche lanterne lanciate da un vicino campo da rugby. Altri tuttavia hanno notato che la velocità e l'agilità degli oggetti era molto diversa da tutte queste ipotesi. Tutti gli spostamenti erano silenziosi e la prolungata la permanenza in aria non poteva essere stata causata dall'uomo.

"Ho visto apparire una luce, poi altre tre", ha detto un testimone. "Si sono posizionate sopra le nostre teste in formazione, ma poi si sono spostate in altre posizioni". Dopo essere rimaste nel cielo notturno per oltre mezz'ora, così come sono arrivate, le luci sono sparite lentamente e silenziosamente dietro l'orizzonte."
da Tgcom
Simone

domenica, luglio 08, 2007

L'infinitamente piccolo così infinitamente GRANDE: L'ATOMO
Il cammino dell'uomo nella storia è cambiato drasticamente quando l'umanità è venuta a conoscenza della struttura e dell'energia dell'atomo.


Già i greci indicavano col nome atomo qualcosa di infinitamente piccolo costituente la materia e di indivisibile.
L'atomo è formato dal nucleo posto al centro della struttura e dagli elettroni che gli girano attorno ad una velocità prossima a quella della luce:

Per capire come è fatto un atomo, pensate che se il nucleo fosse grande come un pallone da calcio, gli elettroni gli girerebbero attorno ad una distanza di 10 km!!!diciamo un po'come il raccordo anulare di Roma!(ma con meno traffico!eheh)
Dunque possiamo dire che l'atomo è una struttura VUOTA!
perchè fra il nucleo e l'elettrone non c'è nulla...ma quel nulla è pieno di energia!

Tutti noi ogni giorno percepiamo effetti fisici come la gravità e l'attrito i quali sono dei fenomeni macroscopici, ma cio' non ci deve indurre a pensare che le energie in gioco siano piu' grandi rispetto a quelle dei fenomeni atomici, che noi non vediamo.(ma percepiamo...in realtà ad es. l'attrito è dovuto alle forze elettrostatiche fra atomi)

Mi spiego meglio e vado subito al nocciolo del discorso:
Nell'atomo c'è un energia a dir poco immensa!
Questo l'uomo lo ha capito grazie alla famosissima legge formulata da Ainstain E= m c^2.
Provate a "giocare" con questa formula facendo qualche calcolo:

Con un Kilogrammo di massa io ho un energia pari a 9*10^19 joule o meglio 2*10^16 kilo-calorie...tradotto in parole piu' semplici sono 20 milioni di miliardi di kilo-calorie!!!!
Per rendervi conto delle dimensioni fate un po'riferimento al riquadro delle kcal che c'è dietro alle confezioni di cibo.
eheh Non vi fà rimanere senza parole?
A me si!
L'atomo contiene un'energia enorme!Ma dov'è tutta questa energia?
Sta sia fuori dal nucleo--->da questa energia deriva l'elettricità e l'attrito)
che dentro il nucleo--->è proprio qui dentro che risiedono queste energie immani)

Se faccessimo un discorso di energia a livello mondiale, qualcuno potrebbe esclamare: il mondo è salvo! basta prendere quell'energia e addio petrolio!
Il problema è: come si fà a prenderla???
L'uomo la riesce a prendere in parte tramite la fissione nucleare, processo che viene innescato nelle centrali atomiche, e l'altro modo per "estrarla" pero' senza controllarla è rappresentato dalla bomba atomica.
Entrambi prendono energia facendo scontrare degli atomi fra loro...è un meccanismo simile al gioco delle biglie!
Sappiamo tutti pero' che il problema dell'energia nucleare presa tramite uso di centrali atomiche è rappresentato dalle scorie radioattive!

Ma chi ha detto che l'energia che sta nel nucleo và presa per forza tramite la fissione?
Non c'è un metodo piu' sicuro che crea poche scorie radioattive e magari è anche piu' efficiente?
Grazie a Dio si!
Basta copiare la natura!come da sempre l'uomo fà e continua a fare!
Basta guardare le stelle! basta guardare il Sole!
In esso infatti avviene la cosidetta fusione nucleare!
Non sto qui a spiegare come avviene, pero' vi assicuro che è di gran lunga migliore della fissione atomica:
-L'energia estraibile è maggiore
-Le scorie sono minori e si smaltiscono in tempi minori
-Rischio incidente stile Cernobyl pari a zero

è per i motivi sopra elencati che la fusione nucleare rappresenta il futuro dell'uomo!
Ahi noi il primo impianto ottimale sarà pronto all'incirca nel 2015-2030!
Sigh!
Simone